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Preghiere e poesie sul mare

Preghiere

Preghiera del marinaio

A Te, o grande eterno Iddio. Signore del cielo e dell’abisso, cui obbediscono

i venti e le onde, noi, uomini di mare e di guerra, Ufficiali e Marinai d’Italia,

da questa sacra nave armata dalla Patria leviamo i cuori !

Salva ed esalta, nella Tua fede, o gran Dio, la nostra Nazione.

Da giusta gloria e potenza alla nostra Bandiera,

comanda che le tempeste ed i flutti servano a lei;

poni sul nemico il terrore di lei;

fa che per sempre la cingano in difesa petti di ferro,

più forti del ferro che cinge questa nave: a lei per sempre

dona vittoria Benedici, o Signore, le nostre case lontane, le care genti.

Benedici nella cadente notte il riposo del popolo

benedici noi che, per esso, vegliamo in armi sul mare.

Preghiera del volontario di Protezione Civile

Signore,

fa che questa tuta non debba mai sporcarsi di sangue,

ma che sia simbolo di armonia e infonda fiducia;

che queste corde non debbano mai sorreggere un ferito,

ma che servano da traino per diffondere l’amore e la solidarietà;

che i nostri fari servano ad illuminare soltanto volti sereni,

che la nostra barella trasporti solo allegria;

che le nostre manichette restino sempre asciutte;

che i nostri cani siano solo fedeli e giocosi compagni di vita,

che dalle nostre radio si diffondano solo messaggi di pace e di speranza;

che i nostri mezzi portino solo pace e serenità e che la nostra pala rimanga,

per tutti, solo il simbolo della fatica e della partecipazione.

Signore, quando tutto questo non sarà possibile sostienici nella nostra attività di soccorso che

oltrepassa tutte le barriere ideologiche razziali e sociali e se mai ci fosse la necessità,

anche con tutti i nostri difetti e le manchevolezze umane,

là assistiti dal nostro Patrono SAN PIO, noi saremo pronti:

per limitare i danni che l’uomo ha causato;

per portare anche un semplice sorriso ed esprimere il significato della vera solidarietà.

Aiutaci ad aiutare chi si trova nella sofferenza, nelle ostentazioni, nelle calamità.

Poesie

L’uomo e il mare

Uomo libero, tu amerai il mare !

Il mare è il tuo specchio;

tu miri, nello svolgersi infinito delle sue onde, la tua anima.

Il tuo spirito non è abisso meno amaro.

Ti compiaci a tuffarti entro la tua propria immagine;

tu l’abbracci con gli occhi e con le braccia,

e il tuo cuore si distrae alle volte dal suo battito al rumore

di questo lamento indomabile e selvaggio.

Siete entrambi a un tempo tenebrosi e discreti:

uomo, nessuno conosce le tue ricchezze segrete;

tanto siete gelosi di conservare il vostro mistero. (…)

Charles Baudleaire, 1857

E la nave non si perde

Risponda al rosso il rosso, al verde il verde

avanti pur: la nave non si perde.

Se sulla rotta rosso e verde appare

mano al timone, a dritta tieni il mare.

Se il verde mostri mentre il rosso vedi

accosta sulla dritta e il passo cedi.

Se alla sinistra il verde tu rilevi

dritto alla via, ché manovrar non devi.

Non incrociar la rotta ad un veliero

se dubbio v’ha d’abbordo ancor leggiero.

Se raggiungi in tua rotta nave in mare

sei tu che per passar dei manovrare.

Se v’è neve, foschia, o nebbia folta

sii cauto e lento ed i segnali ascolta.

Quando a pruavia alcun segnal tu avverta

ferma; poi avanza adagio stando all’erta.

Tu dagli eventi prenderai consiglio

pronto e sicuro in subito periglio.

E ricorda che all’uomo dice Iddio:

“Aiutati, che allor ti aiuto anch’io”.

Proverbi

1 – Rosso di sera buon tempo si spera

2 – Cielo rosso di mattina brutto tempo si avvicina

3 – Se l’alba verde a te apparirà da questo lato il vento arriverà

4 – Chiaro orizzonte a Nord, sole calante promessa di bel tempo al navigante

  5 – Se a calma notte il mare brontola a riva al largo, o marinar, la barca va giuliva

6 – Allor che il vento contro il sole gira non ti fidar, perchè torna forte e spira

7 – Vento dal Nord propizio al marinaro se l’orizzonte scorgi netto e chiaro

8 – Nubi ramate immote, ciel coperto tempesta ti annunzia di certo

9- Cielo a pecorelle, donna imbellettata non duran nemmeno una giornata

10 – Stelle troppo scintillanti vento forte a te davanti

11 – Stelle moltissime in ciel filanti di vento e pioggia son segni parlanti

12 – Stelle ingrandite e luminose assai annuncian cambiamento ai marinai

13 – Ciel senza nubi, pallide stelle al marinaio dicono procelle

14 – Scirocco chiaro e tramontana scura mettiti in mare e non aver paura

15 – Se lampeggia, ma più tuona il vento vien da dove suona

FERNANDO PESSOA

Al di là

Al di là del porto

c’è solo l’ampio mare…

Mare eterno assorto

nel suo mormorare…

Come è amaro stare

qui, amore mio…

Guardo il mare ondeggiare

e un leggero timore

prende in me il colore

di voler avere

una cosa migliore

di quanto sia vivere…

Para além do porto

Ha só o ampio mar…

Mar eterno absorto

No seu murmurar…

Que amargo o estar

Aqui, meu amor…

Olho o mar a ondear

E um ligeiro pavor

Toma em mim a cor

De desejar ter

Qualquer cousa melhor

Que quanto è viver…

GIORGIO CAPRONI 

Quest’odore marino

Questo odore marino
che mi rammenta tanto
i tuoi capelli, al primo
chiareggiato mattino.

Negli occhi ho il sole fresco

del primo mattino. Il sale

del mare…

Insieme

come fumo d’un vino,

ci inebriava, questo

odore marino

Sul petto ho ancora il sale

d’ostrica del primo mattino.

 

ALFONSO GATTO – Alba

Passerà l’alba in un sogno,

al freddo freddo d’ogni casa

al solitario azzurro del mare.

E’ nudo il mondo un’altra volta.

Erompa il cuore con la mela rossa

contenta d’esser dura.

In una selva molle di nuvole e di nevi

pozz’acre di verde si rimescola i mare.

Lo spazio smemorato si ridesta

tra lontananze ventilato leggero.

JACQUES PREVERT- In estate come in inverno

In estate come in inverno

nel fango nella polvere

sdraiato su vecchi giornali

l’uomo che ha l’acqua nelle scarpe

guarda le barche lontane.

Accanto a lui un imbecille

un signore che ne ha

tristemente pesca con la lenza

Egli non sa perché

vedendo passare una chiatta

la nostalgia lo afferra

Anch’egli vorrebbe partire

lontano lontano sull’acqua

e vivere una nuova vita

con un po’ di pancia in meno.

In estate come in inverno

nel fango nella polvere

sdraiato su vecchi giornali

l’uomo che ha l’acqua nelle scarpe

guarda le barche lontane.

Il bravo pescatore con la lenza

torna a casa senza un sol pesce

Apre una scatoletta di sardine

e poi si mette a piangere

Capisce che dovrà morire

e che non ha mai amato

Sua moglie lo compatisce

con un sorriso ironico

E’ una ignobile megera

una ranocchia d’acquasantiera.

In estate come in inverno

nel fango nella polvere

sdraiato su vecchi giornali

l’uomo che ha l’acqua nelle scarpe

guarda le barche lontane.

Sa bene che i battelli

son grandi topaie sul mare

e che per i bassi salari

le belle barcaiole

e i loro poveri battellieri

portano a spasso sui fiumi

una carrettata di figli

soffocati dalla miseria

in estate come in inverno

con non importa qual tempo.

 

JOHN MANSFIELD –  Febbre del mare

Devo tornare sul mare, solitario sotto il cielo,

e chiedo solo un’alta nave e una stella per guidarla,

colpi di timone, canti del vento,

sbuffi della vela bianca,

e bigia foschìa sul volto del mare

e un bigio romper dell’alba.

Devo tornare sul mare, ché la chiamata

della marea irruente è una chiara

selvaggia chiamata imperiosa;

e io chiedo soltanto un giorno di vento

con volanti nuvole bianche,

pien di spruzzi e di spuma e di strillanti gabbiani.

Devo tornare sul mare, alla vita

di zingaro vagabondo; alla via

delle balene e degli uccelli marini,

dove il vento è una lama tagliente;

e io chiedo solo un’allegra canzone

da un compagno ridente e un buon sonno

e un bel sogno

quando la lunga giocata è finita.

 

GIORGIO CAPRONI – Albaro

Se al crepuscolo, almeno,

ci fosse, dietro i vetri, il mare…

Amore…

Tremore

in trasparenza…

Se almeno

questo fosse il rumore

del mare…

Non

lo sopporto più il rumore

della storia…

Vento

afono…

Glissando…

Sparire

come il giorno che muore

dietro i vetri…

Il mare…

Il mare in luogo della storia…

Oh, amore.

 

WOLFGANG GOETHE – IL PESCATORE

L’acqua frusciava, l’acqua cresceva,
un pescatore stava sulla riva,
tranquillo, intento solo alla sua lenza,
ed era tutto freddo, anche nel cuore.
E mentre siede e ascolta,
si apre la corrente:
dall’acqua smossa affiora
una donna grondante.
A lui essa cantava, a lui parlava:
“Perchè tu attiri con astuzia umana,
con umana malizia, la mia specie
su alla luce che la ucciderà?
Ah, se sapessi come son felici
i miei piccoli pesci là sul fondo,
anche tu scenderesti, come sei,
e solo là ti sentiresti sano.
Non si ristora forse il dolce sole
nel mare, e così anche la luna?
Il loro volto, respirando l’onda,
non risale più bello?
Non ti alletta il cielo profondo,
l’azzurro che nell’acqua trascolora?
E il tuo volto stesso non ti chiama
quaggiù, nell’immutabile rugiada?”.
L’acqua frusciava l’acqua cresceva,
e a lui lambiva il piede.
Il cuore si gonfiò di nostalgia,
come al saluto della sua amata.
A lui essa cantava, a lui parlava,
e per lui fu finita:
un pò lei lo attirava, un pò lui scese,
e non fu più veduto.

VAN GOGH – COAL BARGES

 

HEINRICH HEINE – CREPUSCOLO
Sulla pallida spiaggia giacevo,
solitario dai tristi pensieri.
Declinava al tramonto nel mare
il sole, gettando sull’acqua
vivi sprazzi di porpora ardente;
ed i candidi flutti lontani,
sospinti dall’alta marea,
venivan spumando frusciando
più presso, più presso…
Uno strano gridare, un brusìo
e sibili e murmuri e risa,
un sospirare, un ronzare:
e, frammezzo, un sommesso cantare
di cune dondoleggiate.
Riudir mi parea le obliate
leggende, le fiabe soavi
di tempi remoti, che bimbo
mi seppi dai bimbi d’accanto,
allor che nei vesperi estivi
ci acquattavam sui gradini
dinanzi alla porta di casa
per cinguettarci sommessi
le storie, coi piccoli cuori
protesi in ascolto, con gli occhi
astuti di curiosità,
mentre le bimbe più grandi,
dalle finestre di fronte,
tra vasi olezzanti di fiori
sporgevano i volti di rosa
ridenti alla luce lunare.

ALFONSO GATTO – NUDO

Godo in occhi marini

paeselli colorati

ai tuoi fianchi di carne.

Soffice nel vento dei capelli

ricrei orride forme

sul letto agitato del mare.

M’alzo in bavero di sonno

tra le rupi, fischiando gelido:

la mia testa di broncio

scava un abbraccio nelle sue spalle.

A ZACINTO

Né più mai toccherò le sacre sponde
ove il mio corpo fanciulletto giacque,
Zacinto mia, che te specchi nell’onde
del greco mar da cui vergine nacque

Venere, e fea quelle isole feconde
col suo primo sorriso, onde non tacque
le tue limpide nubi e le tue fronde
l’inclito verso di colui che l’acque

 

EUGENIO MONTALE – Mediterraneo

Antico, sono ubriacato dalla voce
ch’esce dalle tue bocche quando si schiudono
come verdi campane e si ributtano
indietro e si disciolgono.
La casa delle mie estati lontane,
t’era accanto, lo sai,
là nel paese dove il sole cuoce
e annuvolano l’aria le zanzare.
Come allora oggi la tua presenza impietro,
mare, ma non più degno
mi credo del solenne ammonimento
del tuo respiro. Tu m’hai detto primo
che il piccino fermento
del mio cuore non era che un momento
del tuo; che mi era in fondo
la tua legge rischiosa: esser vasto e diverso
e svuotarsi cosi d’ogni lordura
come tu fai che sbatti sulle sponde
tra sugheri alghe asterie
le inutili macerie del tuo abisso.

EUGENIO MONTALE – Casa Sul Mare

ll viaggio finisce qui:
nelle cure meschine che dividono
l’anima che non sa più dare un grido.
Ora I minuti sono eguali e fissi
come I giri di ruota della pompa.
Un giro: un salir d’acqua che rimbomba.
Un altro, altr’acqua, a tratti un cigolio.

Il viaggio finisce a questa spiaggia
che tentano gli assidui e lenti flussi.
Nulla disvela se non pigri fumi
la marina che tramano di conche
I soffi leni: ed è raro che appaia
nella bonaccia muta
tra l’isole dell’aria migrabonde
la Corsica dorsuta o la Capraia.

Tu chiedi se così tutto vanisce
in questa poca nebbia di memorie;
se nell’ora che torpe o nel sospiro
del frangente si compie ogni destino.
Vorrei dirti che no, che ti s’appressa
l’ora che passerai di là dal tempo;
forse solo chi vuole s’infinita,
e questo tu potrai, chissà, non io.
Penso che per i più non sia salvezza,
ma taluno sovverta ogni disegno,
passi il varco, qual volle si ritrovi.
Vorrei prima di cedere segnarti
codesta via di fuga
labile come nei sommossi campi
del mare spuma o ruga.
Ti dono anche l’avara mia speranza.
A’ nuovi giorni, stanco, non so crescerla:
l’offro in pegno al tuo fato, che ti scampi.

Il cammino finisce a queste prode
che rode la marea col moto alterno.
Il tuo cuore vicino che non m’ode
salpa già forse per l’eterno.

UMBERTO SABA – ULISSE

Nella mia giovinezza ho navigato
lungo le coste dalmate. Isolotti
a fior d’onda emergevano, ove raro
un uccello sostava, scivolosi al sole
belli come smeraldi. Quando l’alta
marea e la notte li annullava, vele
sottovento sbandavano più al largo,
per fuggirne l’insidia. Oggi il mio regno
è quella terra di nessuno. Il porto
accende ad altri i suoi lumi; ma al largo
sospinge ancora il non domato spirito,
e della vita il doloroso amore.

GIUSEPPE UNGARETTI – I ricordi

I ricordi, un inutile infinito,
ma soli e uniti contro il mare, intatto
in mezzo a rantoli infiniti..
Il mare,
voce d’una grandezza libera,
ma innocenza nemica nei ricordi,
rapido a cancellare le orme dolci
d’un pensiero fedele…
Il mare, le sue blandizie accidiose
quanto feroci e quanto, quanto attese,
e alla loro agonia,
presente sempre, rinnovata sempre,
nel vigile pensiero l’agonia…
I ricordi,
il riversarsi vano
di sabbia che si muove
senza pesare sulla sabbia,
echi brevi protratti,
senza voce echi degli addii
a minuti che parvero felici…

 

FEDERICO GARCIA LORCA – Caracola (conchiglia)

Mi hanno portato una conchiglia.
Dentro canta
un mare di carta.
Il mio cuore
si riempie d’acqua
con pesciolini
d’ombra e d’argento.
Mi hanno portato una conchiglia.

ANTONIO MACHADO – Il mare
Lo scafo consunto e verdiccio
della vecchia feluca
riposa sul lido…
sembra la vela mozzata
che sogni ancora nel sole e nel mare.
Il mare ribolle e canta…
Il mare è un sogno sonoro
sotto il sole d’aprile.
Il mare ribolle e ride
con le onde turchine e spume di latte e argento,
il mare ribolle e ride
sotto il cielo turchino.
Il mare lattescente,
il mare rutilante,
che risa azzurre ride sulle sue cetre d’argento…
Ribolle e ride il mare!…
L’aria pare che dorma incantata
nella fulgida nebbia del sole bianchiccio.
Palpita il gabbiano nell’aria assopita , e al tardo
sonnolento volare, si spicca e si perde nella foschia del sole.

PAUL VERLAINE

Il mare è più bello

delle cattedrali,

nutrice fedele,

nenia di rantoli,

il mare su cui prega

la Vergine Maria!

Ha tutti i doni

terribili e dolci.

Odo i suoi perdoni

rimbrottare i suoi sdegni…

Quest’immensità

non ha nulla di caparbio.

Oh! così paziente,

anche quando è cattivo!

Un soffio amico assilla

l’onda, e ci canta:

«Voi senza speranza,

morite senza soffrire!».

E poi sotto i cieli

che ridono più chiari,

ha dei toni azzurri,

rosa, grigi e verdi…

Più bello di tutti,

migliore di noi!

(Bournemouth, 77).

PAUL VERLAINE – Marina

L’oceano sonoro
Palpita sotto l’occhio
Della luna in lutto
E palpita ancora,
Mentre un lampo
Vivido e sinistro
Fende il cielo di bistro
D’un lungo zigzag luminoso,
E che ogni onda
In salti convulsi
Lungo tutta la scogliera
Va, si ritira, brilla e risuona.
E nel firmamento,
Dove erra l’uragano,
Ruggisce il tuono
Formidabilmente.

PAUL VALÈRY – Poesia

Che puro gioco di lampi sottili
consuma ogni diamante
d’impalpabile schiuma,
e quanta pace che sia nata sembra;
quando sopra l’abisso un sole posa,
opere schiette d’una causa eterna,
scintilla il tempo e il sogno è conoscenza.

KAHLIL GIBRAN – Poesia

Per sempre me ne andrò per questi lidi,
Tra la sabbia e la schiuma del mare.
L’alta marea cancellerà le mie impronte,
E il vento disperderà la schiuma.
Ma il mare e la spiaggia dureranno
In eterno.

NAZIM HIKMET – Arrivederci fratello mare

Ed ecco ce ne andiamo come siamo venuti

arrivederci fratello mare

mi porto un po’ della tua ghiaia

un po’ del tuo sale azzurro

un po’ della tua infinità

e un pochino della tua luce

e della tua infelicità.

Ci hai saputo dir molte cose

sul tuo destino di mare

eccoci con un po’ più di speranza

eccoci con un po’ più di saggezza

e ce ne andiamo come siamo venuti

arrivederci fratello mare.

PABLO NERUDA – Qui io ti amo

Qui io ti amo.
Tra pini scuri si srotola il vento.
Brilla fosforescente la luna su acque erranti.
Passano giorni uguali, inseguendosi l’un l’altro.

Si dirada la nebbia in figure danzanti.
Un gabbiano d’argento si stacca dal tramonto.
A volte una vela. Alte, alte stelle.

O la croce nera di una nave.
Solo.
A volte mi alzo all’alba e persino la mia anima è umida.
Suona, risuona il mare lontano.
Questo è un porto.
Qui io ti amo.

Qui io ti amo e invano l’orizzonte ti occulta.
Ti sto amando anche in mezzo a queste cose fredde.
A volte vanno i miei baci su quelle navi gravi,
che corrono sul mare dove non arriveranno.
Mi vedo già dimenticato come queste vecchie àncore.
Sono più tristi le banchine quando ormeggia la sera.

Si stanca la mia vita inutilmente affamata.
Amo quel che non ho. Tu sei così distante.
La mia noia lotta con lenti crepuscoli.
Ma poi giunge la notte e inizia a cantarmi.
La luna proietta la sua pellicola di sogno.

Mi guardano con i tuoi occhi le stelle più grandi.
E poiché io ti amo, i pini nel vento
vogliono cantare il tuo nome con le loro foglie metalliche.

PABLO NERUDA – IL TUO SORRISO

Toglimi il pane, se vuoi,
toglimi l’aria, ma
non togliermi il tuo sorriso.

Vicino al mare, d’autunno,
il tuo riso deve innalzare
la sua cascata di spuma,
e in primavera, amore,
voglio il tuo riso come
il fiore che attendevo,
il fiore azzurro, la rosa
della mia patria sonora.

Riditela della notte,
del giorno, della luna,
riditela delle strade
contorte dell’isola,
riditela di questo rozzo
ragazzo che ti ama,
ma quando apro gli occhi
e quando li richiudo,
quando i miei passi vanno,
quando tornano i miei passi,
negami il pane, l’aria,
la luce, la primavera,
ma il tuo sorriso mai,
perché io ne morrei.

PABLO NERUDA – BARCAROLA

Se solamente mi toccassi il cuore,
se solamente mettessi la tua bocca sul mio cuore,
la tua bocca sottile, i tuoi denti,
se mettessi la tua lingua come una freccia rossa
lì dove il mio cuore polveroso martella,
se soffiassi nel mio cuore, vicino al mare, piangendo,
suonerebbe con rumore scuro, con suono di ruote
di treno assonnate,
come acque vacillanti,
come l’autunno in foglie,
come sangue,
con un rumore di fiamme umide che bruciano il cielo,
suonando come sogni o rami o piogge
o sirene di un porto triste,
se tu soffiassi nel mio cuore vicino al mare,
come un fantasma bianco,
al bordo della schiuma,
in mezzo al vento,
come un fantasma scatenato, in riva al mare,
piangendo.

Come diffusa assenza, come campana improvvisa,
il mare spartisce il suono del cuore
mentre piove e si fa sera sulla costa solitaria:
la notte cade incontrastata
e il suo lugubre azzurro di naufrago stendardo
si popola di astri d’argento affievolito.
E il cuore suona come un’aspra conchiglia,
chiama, oh mare, oh lamento, oh disciolta paura
sparsa in disgrazie e in onde scardinate:
dalla sonorità il mare accusa
le sue ombre reclini, i suoi verdi papaveri.

Se esistessi all’improvviso in una costa lugubre,
circondata dal giorno morto
dinanzi a una nuova notte,
piena d’onde,
e soffiassi nel mio cuore di freddo pànico,
soffiassi nel sangue solitario del mio cuore,
soffiassi nel suo moto di colomba con fiamme,
suonerebbero le sue nere sillabe di sangue,
crescerebbero le sue incessanti acque rosse,
e suonerebbe, suonerebbe a ombre,
suonerebbe come la morte,
chiamerebbe come un tubo pieno di vento o pianto,
o una bottiglia che versa orrore a fiotti.

E’ così; e i baleni coprirebbero le tue trecce
e la pioggia entrerebbe dai tuoi occhi aperti
a preparare il pianto sordo che racchiudi,
e le ali nere del mare girerebbero intorno
a te, con grandi artigli e crocidii e voli.

Vuoi essere il fantasma che soffia, solitario,
in riva al mare il suo sterile, triste strumento?
Se solamente chiamassi,
il suo suono prolungato, il suo malefico fischio,
il suo ordine di onde ferite,
qualcuno verrebbe forse,
qualcuno verrebbe,
dalle cime delle isole, dal fondo rosso del mare,
qualcuno verrebbe, qualcuno verrebbe.

Qualcuno verrebbe, soffia con furia,
che suoni come sirena di nave guasta,
come lamento,
come un nitrito in mezzo alla schiuma e al sangue,
come un’acqua feroce che si morde e che suona.

Nella stagione marina
la sua conchiglia d’ombra circola come un grido,
gli uccelli del mare la disprezzano e fuggono,
le sue strisce di suono, le sue lugubri sbarre
si alzano sulle sponde dell’oceano solo.

KAHIL GIBRAN

Camminavo sulla sabbia.

Bassa marea.
E giù, oltre, la curva,

scrissi un verso sulla sabbia.
E in quel verso scrissi

quel che la mia mente pensava
e ciò che la mia anima desiderava.
E quando la marea fu alta,
ritornai, ancora, su quel lido,
e di ciò che avevo scritto nulla trovai.
trovai solo i segni del bastone

di uno che aveva lì camminato da cieco.

UMBERTO SABA – L’amorosa spina

Come ho goduto tra la veglia e il sonno
questa mattina!
Uomo ero ancora, ed ero marina
libera ed infinita.

Con le calme dorate e gli orizzonti
lontani il mare.
Nel fondo ove non occhio può arrivare,
e non può lo scandaglio,

una pietruzza per me, una cosina
da nulla aveva.
Per lei sola fremeva ed arrideva
l’azzurra immensità.

ALEKSANDR PUSKIN – Al mare

Addio, libero elemento!
Per l’ultima volta davanti a me
Tu fai scorrere le onde azzurre
E risplendi di orgogliosa bellezza.

Come il malinconico mormorio di un amico,
Come il suo richiamo nell’ora dell’addio,
Il tuo triste rumore, il tuo rumore che invoca
Io l’ho sentito per l’ultima volta.

Meta desiderata della mia anima!
Come sovente lungo le tue rive
Ho errato cheto e cupo,
Oppresso da una sacra idea!

Come ho amato i tuoi richiami,
I sordi suoni, la voce dell’abisso
E il silenzio nell’ora della sera,
E le tue capricciose raffiche!

La pacifica vela dei pescatori,
Custodita dal tuo capriccio,
Scivola maestosa fra le onde:
Ma tu ti sei messo a giocare, incontenibile,
E affonda uno sciame di vascelli.

Non sono riuscito ad abbandonare per sempre
La riva immobile, a me noiosa,
A salutarti con gli entusiasmi
E a dirigere sui tuoi flutti
La mia corsa poetica!

Tu mi aspettavi, mi chiamavi… io ero incatenato;
Voleva strapparsi l’anima mia :
Incantato da una potente passione,
Io rimasi presso le rive…

Che cosa rimpiangere? Dove ora dovrei
Dirigere il mio spensierato cammino?
Un solo oggetto nel tuo deserto
Stupirebbe la mia anima.

Una roccia, sepolcro della gloria..
Là si sono immersi nel freddo sonno
I giganti del ricordo:
Là si è spento Napoleone.

Là egli è morto fra i tormenti.
E dopo di lui, come rumore di tempesta,
Un altro genio è galoppato via da noi,
Un altro dominatore delle nostre menti.

E’ scomparso, pianto dalla libertà,
Lasciando al mondo la sua ghirlanda.
Rumoreggia, agitati in tempesta:
Egli è stato, mare, il tuo cantore.

La tua immagine era impressa in lui,
Egli è stato creato dal tuo spirito:
Come te, potente, profondo e tenebroso,
Come te, non domabile da niente.

Il mondo è rimasto vuoto… Ora, dove
Mi dovresti portare, oceano ?
Il destino degli uomini è ovunque lo stesso:
Dove c’è il bene, là, già di sentinella
C’è la civilizzazione o il tiranno.

Addio dunque, mare ! Non dimenticherò
La tua trionfale bellezza
E a lungo, a lungo, io udirò
Il tuo rombo, nelle ore della sera.

Nei boschi, nei deserti silenziosi
Porterò, colmo di te,
Le tue rocce, i tuoi golfi,
E lo scintillio, e l’ombra, e la parola delle onde.

COSTANTINO KAVAFIS – Mare al mattino

Fermarmi qui. Per vedere anch’io un po’ la natura.
Luminosi azzurri e gialle sponde
del mare al mattino e del cielo limpido: tutto
è bello e in piena luce.

Fermarmi qui. E illudermi di vederli
(e davvero li vidi un attimo appena mi fermai);
e non vedere anche qui le mie fantasie,
i miei ricordi, le visioni del piacere.

 

OLAV H. HAUGE – Non navighiamo sullo stesso mare

Non navighiamo sullo stesso mare,
eppure così sembra.
Grossi tronchi e ferro in coperta,
sabbia e cemento nella stiva,
io resto nel profondo, io avanzo con lentezza,
a fatica nella tempesta,
urlo nella nebbia.
Tu veleggi in una barca di carta,
e il sogno sospinge l’azzurra vela,
così dolce è il vento, così delicata l’onda.